martedì 3 aprile 2018

Sgroi - L'angloamericano imperversa...


             

di Salvatore Claudio
            Sgroi*    



Nell'ambito della politica linguistica è ora da leggere senz'altro il "Tema del mese" di marzo del presidente della Crusca, Claudio Marazzini, dal titolo Ma siamo proprio sicuri che la lingua della ricerca sia solo l’inglese? contro i "talebani dell'inglese" del "Corriere della Sera" del 27 febbraio 2018, ovvero contro coloro che con tono tra l'altro autoritario "volevano e vogliono bandire l'italiano" nell'insegnamento universitario a vantaggio della lingua inglese in quanto lingua veicolare. Una innovazione sostenuta con argomentazioni paradossali, non scientifiche e in-condivisibili (l'italiano "perd[e] la capacità di esprimere i concetti più recenti"; l'"impossibilità di trovare termini italiani che si avvicinino alla nuova terminologia di scienza e innovazione ormai totalmente in lingua inglese"; "Forzare l’utilizzo dell’italiano dove il linguaggio del progresso scientifico è solo in inglese porterà a continuare a depauperare il nostro patrimonio del sapere").

Dall'altro segnalo – descrittivamente e non (neo)puristicamente – un uso lessicale neologico dell'inglese, che si definirebbe decisamente "anglicismo di lusso", in quanto non suggerito dalla "necessità" di colmare un vuoto lessicale o concettuale dell'italiano e della cultura italiana. Si tratta più propriamente di un "anglo-americanismo", più che di un "anglicismo" in quanto tendenzialmente ignoto e non adoperato dai nativofoni inglesi, e quindi all'apparenza uno "pseudo-anglicismo" o, come direbbe un amico filologo, un "iper-anglicismo".



Qualche giorno fa, mi trovavo in una nota farmacia di Catania, e nell'attesa del mio turno, guardandomi intorno, sono stato colpito da un testo pubblicitario dove si leggeva HOT WATER BAG. Anche a non sapere una parola d'inglese, il testo era chiaro perché mostrava una bella foto della "borsa dell'acqua calda", con immancabile effetto di amarcord della mamma sempre pronta a soddisfare il tuo bisogno di caldo.

Ora l'espressione inglese "HOT WATER BAG" sembrava invero sospetta, malgrado l'impeccabile ordine delle parole dell'inglese, perché ricalcava lessicalmente l'espressione italiana: ''borsa dell'acqua calda".

A parte la consultazione di un dizionario bilingue italiano-inglese, la conferma indiretta di un sospetto "pseudo-anglicismo", ovvero di un anglicismo nostrano, sembrava avallata dalla risposta fornitami da una collega amica nativofona inglese.

Alla mia domanda: – "HOT WATER BAG mi sa di uno pseudo-anglicismo, o un anglicismo più inglese dell’inglese, laddove il lessema corrente in ingl. dovrebbe essere HOT-WATER BOTTLE. Mi confermi il mio sospetto? o entrambe le forme sono per te anglo-nativofona normali?" – la collega ha risposto senza batter ciglio: "Hot water bottle è quello che ho sempre usato. Non ho mai sentito "hot water bag". Una ulteriore conferma in tal senso mi è anche giunta da un secondo informante inglese.

Senonché un bravo collega tedesco (Harro Stammerjohann) mi ha lapidariamente fatto osservare che "In inglese americano hot water bag si usa dal 1864 (vedi OED. s.v.)". L'OED cartaceo del 1991,  non riportava invero il lemma "hot water bag", ma l'OED on line indica la voce come "chiefly U.S.". Si tratta quindi di un americanismo tendenzialmente estraneo all'inglese europeo, come ora mi conferma un informante americano universitario. E in effetti il Webster ovvero l'"American Dictionary of the English Language" nella III ed. 1961 "Webster's Third New International Dictionary of the English Language. Unabridged" (rist. Koenemann 1993), registra prioritariamente l’americanismo nell'ordine: "hot-water bag or hot water bottle" con la foto di una borsa d’acqua calda. E d'altra parte se il Ragazzini bilingue nella sezione "Italiano-ingl." indica come traducente solo "hot-water bottle",  invece nella sez. "Inglese-it." sotto "hot" precisa: "hot-water bottle (USA anche bag)".

Sarebbe interessante conoscere anche la vitalità di tale americanismo, se è presente in altre città italiane.

Volendo comunque esprimere un giudizio di valore, come parlante, direi che in quel contesto, tale neologismo – americanismo non familiare agli inglesi (o "falso pseudo-anglicismo", si potrebbe dire) – è del tutto gratuito, in quanto ha l'effetto paradossale di rendere poco comprensibile il "messaggio pubblicitario" rivolto a tutti.


P.S. Tenendo presente che l'ingl. hot water bottle è datato 1636 (OED), mentre l'anglo-americano hot water bag risale al 1864, maliziosamente si potrebbe anche sospettare che il costrutto borsa d'acqua calda sia un calco sull'anglo-americano. Il composto è infatti attestato in italiano, stando al Battaglia, solo nel 1947 con Pratolini e ("La borsa di gomma per l'acqua calda") nel 1949 con V. Brancati, per quanto retrodatabile al 1904 con "Google libri ricerca avanzata" in "Il Morgagni" (p. 74). Nessun esempio it. essendoci peraltro nell'800.

* Docente di linguistica generale presso l'Università di Catania.

Tra i suoi ultimi libri Il linguaggio di papa Francesco (Libreria editrice Vaticana 2016), Maestri della linguistica otto-novecentesca (Edizioni dell’Orso 2017), Maestri della linguistica italiana (Edizioni dell’Orso 2017).



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