venerdì 29 maggio 2015

Mettere i tappeti

«Giovanni, guarda tua moglie, ha messo i tappeti». «Che cosa vuoi dire? Michele, non capisco». «Voglio dire che tua moglie, per la timidezza, è arrossita». Questa locuzione, "mettere i tappeti", che significa arrossire per la vergogna o per altri motivi, è stata relegata nella soffitta della lingua. La "rispolveriamo" perché ci sembra interessante la sua origine e vorremmo che tornasse di moda nei "salotti linguistici". Vediamo, dunque, come Ludovico Passarini - un maestro dei modi di dire - spiega l'origine dell'espressione. «È frase popolare graziosissima presa dall'uso antico di mettere fuori dei balconi i tappeti rossi in occasione di feste religiose, e quando si faceva la corsa del palio, come nel seguente esempio del Fagiuoli: "(...) il povero Orazio, innamorato dell'Isabella, al solo sentirla nominare, s'era fatto rosso, e la furbacchiotta di Lena lo canzona (...). Aveva poi cercato di dar nell'umore a coloro, a' quali non piacciono le Cicalate, se non odono in essere tagliare il giubbone al terzo o al quarto... mio danno se non gli aveva serviti dall'amico, perché aveva preso di mira cinque o sei e rivedeva loro le bucce, e lavava loro il capo sudicissimamente senza ranno e senza sapone, e senza risparmiargliene, gliele tirava giú alla peggio in modo tale, che non avriano potuto far di meno di non mettere i tappeti (cioè di non vergognarsene quelli)"».


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La parola proposta da questo portale: reclinatorio. Sostantivo maschile. Indica il luogo in cui si riposa e il riposo stesso.
Dal Tommaseo-Bellini: S. m. Riposo. Luogo dove si riposa. [Cerq.] Med. S. Bonav. Ebbe per reclinatorio questo venerabile petto. = Med. Vit. Crist. 184. (C) O Iddio benignissimo, come permettete voi, che questa vostra Madre, fra tutte l'altre del mondo per voi eletta e cara, specchio del mondo e vostro reclinatorio, sia così tribulata?

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