lunedì 24 marzo 2014

Denigrare e insultare



Conosciamo tutti, per  “pratica”, il significato del verbo  “denigrare”: diffamare, screditare, “togliere ad altri il buon nome con volontaria malizia”. Bene, soffermiamoci un attimo su quest’ultima accezione per scoprire il significato ‘recondito’ del verbo. Quando denigriamo una persona, dunque, le togliamo il  “buon nome”. Ma come?  Tingendolo di nero. Denigrare, infatti, vale proprio  “tingere di nero” provenendo pari pari dal latino ‘denigrare’, composto con la particella intensiva  “de” e  “niger, nigri”, nero. Usato estensivamente nel senso di  “annerire il buon nome” il verbo in esame ha acquisito, in lingua volgare (l’italiano), il significato figurato di  “diffamare”, tingendo di nero, appunto, il nome di una persona.
   Quando, invece, insultiamo qualcuno, vale a dire l’oltraggiamo, l’ingiuriamo, figuratamente gli  “saltiamo sopra”. Anche questo verbo, adoperato in senso figurato, è pari pari il latino  “insultare”, forma intensiva di  “insilire”, ‘saltar su’, composto della particella   “in” (su, sopra) e  “salire” (saltare). Non diciamo, infatti, sempre in senso figurato, che  “quella persona mi è saltata addosso”? Vale a dire, mi ha offeso, ingiuriato.
E a proposito di ingiuria, cioè di offesa che lede materialmente o moralmente, quando la  “mettiamo in atto” non facciamo altro che una cosa  “ingiusta” ledendo il diritto di una persona. Questo vocabolo, infatti, è un derivato del latino  “iniurus” (‘ingiusto’), formato con il prefisso  “in-” negativo (‘che toglie’) e  “ius, iuris” (diritto). L’ingiuria, dunque, è  “tutto ciò che è fatto in onta al diritto di alcuno”, quindi danno, affronto, oltraggio. L’ingiuria, insomma, è ogni fatto detto o scritto dolosamente allo scopo di  “togliere il buon nome” a una persona ed è affine (si badi bene: non uguale) alla denigrazione.

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La parola che proponiamo oggi è: badiale. È un aggettivo che sta per "grande", "grosso", "prosperoso", "grasso" e simili.

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