mercoledì 26 settembre 2012

«Dare in budella»

Gentilissimo Sig. Raso,
nel suo meraviglioso blog sul buon uso della lingua italiana tratta, di tanto in tanto, l’origine di alcuni modi dire, conosciuti e sconosciuti. Le sarei veramente grato se potesse spiegarmi il significato e l’origine dell’espressione “Dare in budella”. La ringrazio anticipatamente e le esprimo i miei sentimenti di stima e ossequio.
Attilio V.
Taranto
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Cortese Attilio, la locuzione di cui desidera conoscere il significato e l’origine è simile a quella piú conosciuta e adoperata: menare il can per l’aia, vale a dire non concludere nulla. Per l’origine e la spiegazione mi affido a Ludovico Passarini, il ‘re’ dei modi di dire. «“Dare in budella”, trascrivo la dichiarazione che ne dà il Biscioni nel citato luogo del “Malmantile” (un poema burlesco, ndr). Si dà sempre in budella. Non si conchiude mai cosa di buono. Questo proverbio si dice copertamente: fare come il cane del peducciaio; e s’intende “dare in budella”; che esprime discorrere assai , e conchiudere poco; ed è lo stesso che “dare in trippa”, “in ceci”, eccetera. Perché tanto è dire “dare in budella” che “dare in trippa”; di qui è che il proverbio viene dall’apprestare spesso alla mensa una medesima vivanda, a questa vilissima, quali sono le budella (che dicono altrimenti il “lampredotto” , dalla similitudine della lampreda), e la Trippa o Venere delle bestie grosse (…)».

Veda anche questo collegamento:

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